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La poesia di Elide Rigoni potrebbe essere definita come lirica dello "stupore". È con gli occhi di un bambino che per la prima volta si affaccia dalla finestra che la poetessa guarda il mondo, che le appare in festa, di una bellezza candida e quasi divina, immutabile nel suo splendore, come cristallizzato sotto l'incantesimo di un mago. Una visione avvolta nel ritmo di una musica dolce, soave, che ci induce a rilassarci, a lasciarci prendere per mano e guidare in un viaggio meraviglioso fra lettere e suoni. Ella ci ricorda che siamo spettatori, ospiti privilegiati in un teatro meraviglioso, ma a tempo assolutamente determinato. Per cui non dobbiamo lasciare che i nostri occhi vengano annebbiati dagli orrori monocromatici del quotidiano, al contrario è necessario conservare uno sguardo aperto alla ricezione dei colori, e che si approcci alla realtà con una ricettività plurisensoriale, in grado di assaporare il profumo e il gusto di ogni cosa.